Ci ha lasciati un gigante della politica. La morte a 98 anni del Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano mette definitivamente fine ad un pezzo di storia del Paese.
Lo sa bene chi ha qualche anno in più e si ricorda del Presidente nei suoi oltre 40 anni di attività politica (Deputato, Presidente della Camera, Europarlamentare e Senatore a vita), ma anche i più giovani che hanno vissuto la fase complessa dell’Italia intorno agli anni 2010 (il passaggio dal governo Berlusconi e quello Monti).
Alcuni di noi lo ricorderanno in visita ufficiale il 6 e 7 ottobre 2011, in occasione
dell’inaugurazione della “Scuola della democrazia”. Intervenne parlando ai giovani. Poi visitò la mostra “La Vallée d’Aoste sur la scène – Cartografia e arte del governo (1683-1860)”, allestita per le celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, evento questo fortemente voluto dal Presidente.
Perseguire il bene comune riferito ad un politico pare sempre un’ovvietà. Non lo è per Giorgio Napolitano, uomo di grande cultura, dotato della straordinaria ironia napoletana e davvero un uomo dello Stato, un garante delle istituzioni. Anche assumendo posizioni non semplici, che hanno prodotto lacerazioni all’interno del Partito Comunista.
Mi hanno profondamente colpito le parole del figlio Giulio il giorno dei funerali. Papà Giorgio gli disse “di aver combattuto buone battaglie e sostenuto cause sbagliate”. L’idea e la confessione che anche qualcosa non fosse andato bene. L’idea che alcune posizioni (immagino quella dell’invasione di Praga da parte dei sovietici) era sbagliata. Insomma mettersi in discussione, avere il beneficio del dubbio. Nulla di scontato per un politico.
Amava studiare, amava approfondire, strenue difensore del dialogo, non sopportava chi alzava la voce. Se fate mente locale l’esatto prototipo del politico attuale.
E quindi sì, Giorgio Napolitano era un politico di altri tempi… e meno male.